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italians do it better: le vittorie del chelsea nel segno dell'italia

il chelsea è la prima squadra a vincere tutti i tornei UEFA e il marchio di fabbrica è degli allenatori italiani: vialli, di matteo, sarri e maresca, epoche e modi giocare diversi ma stesso risultato, quello che conta.


la finale di conference league, strana nei modi ma prevedibile nell'epilogo, ha segnato la storia delle competizioni europee.

con il perentorio 4-1 inflitto al betis siviglia, in partita solo nel primo tempo e surclassato nel secondo, il chelsea è diventata la prima squadra a vincere tutti i tornei organizzati dall'UEFA: coppe delle coppe (70/71 e 97/98), champions league (11/12 e 20/21), europe league (12/13 e 18/19) e conference league (24/25).

cosa hanno in comune? gli allenatori del belpaese.

il pupillo di un certo pep guardiola, enzino maresca, è solo l'ultimo allenatore di una tradizione di manager italiani che hanno fatto la fortuna dei blues.

tutto iniziò con il compianto e grande gianluca vialli, che con lo strano incarico di allenatore-giocatore portò il chelsea a trionfare in una delle ultime edizioni della coppa delle coppe: per chi non la ricordasse o non l'avesse vissuta, era la competizione che veniva giocata dalle vincitrici di tutte le coppe nazionali, 32 squadre quindi che si contendevano il "terzo" torneo (per importanza) organizzato dall'UEFA.

di valore immenso fu invece la prima vittoria della massima competizione europea (e forse mondiale, non solo calcistica), vittoria tanto inseguita dallo storico presidente roman abramovich con miliardi spesi sul mercato e fior fior di allenatori ingaggiati. come spesso capita, però, è stato proprio in uno dei momenti peggiori che arrivò la tanta agognata vittoria e il merito, ci sentiamo di dire, fu tutto dell'italo-svizzero roberto di matteo. pur essendo anche lui ex giocatore blues, subentrò da perfetto sconosciuto allo strapagato e rampollo andrè villas-boas dopo gli ottavi di finale superati a fatica col napoli di mazzarri, e la cavalcata in champions fu leggendaria: l'abruzzese di origine riuscì a ricompattare uno spogliatoio a pezzi, a tirar fuori orgoglio e fame dagli ultimi momenti di carriera di campioni come drogba, cole, lampard, gerrard, cech e torres, e ad arrivare ad ottenere il più insperato obiettivo di quella stagione disastrosa, per di più (tra le altre imprese nel cammino) battendo il bayern monaco che giocava a casa sua la finale.

nonostante la prima europe league fu vinta, proprio l'anno successivo, dallo spagnolo rafa benitez, anche questo trofeo fu alzato da mani italiane, forse quelle più lontane dallo stile british tra questi allenatori che citiamo: maurizio sarri, reduce da stagioni strepitose ma senza vittorie degne di nota al napoli, nel primo e unico anno allo stamford bridge, a detta sua senza aver imparato più di due parole di inglese, fece invece imparare al chelsea come si potesse vincere facendo del bel calcio; nella stagione della consacrazione di eden hazard che più di tutti beneficiò dei dettami tattici dell'allenatore toscano, il chelsea tornò dopo 7 anni ad alzare un trofeo internazionale, anche se quello di "serie b".

è quello invece di "serie c", se vogliamo continuare nel parallelismo, l'ultimo titolo in ordine di tempo festeggiato dai blues di cui parlavamo sopra. pur non essendo il trofeo più ambito in europa, per il chelsea questa vittoria ha un significato importante: arrivando da anni di scarsi piazzamenti in classifica, di rose da decine e decine di giocatori, strapagati in ingaggio e cartellini data la nulla resa in campo e di allenatori cambiati come magliette sudate in estate, una stagione con il ritorno in champions league e un trofeo alzato era quello che serviva per certificare la ripartenza della squadra in maglia blu. e questa ripartenza porta il nome di enzo maresca: in pochi mesi e dopo la sola esperienza di leicester come capo allenatore (seppur vincendo subito la championship), l'ex vice di guardiola ha saputo mettere in ordine in calciatori, riducendo il numero della rosa e dandogli una precisa collocazione tattica, dare un gioco fluido, offensivo ed efficace alla squadra e, ultimo ma non per importanza ma solo perché è una conseguenza di ciò, vincere.

questa è la parola che accomuna gli allenatori italiani che hanno preso le redini della squadra londinese: non dimentichiamo, infatti, altri tre allenatori che hanno fatto lo stesso percorso, ranieri, ancelotti e conte.

il secondo e il terzo, entrambi al primo anno, riuscirono a vincere la premier league (con carletto che addirittura portó a casa il double grazie alla FA cup), il primo, pur non sollevando trofei ma avvicinandosi tanto (finale di fa cup persa, secondo posto in campionato e fuori in semifinale di champions), ebbe il grande merito di far diventare grande il chelsea, che prima di lui era una discreta squadra di premier league con sporadiche vittorie e che, dopo il suo passaggio, iniziò ad essere la big che nel ventennio di abramovich abbiamo ammirato.

italians do it better: allo stamford bridge lo sanno bene.



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